Cos'è Invad?
Invad è l’ultima frontiera della comunicazione pubblicitaria.
Nasce tra gli studenti di un master di advertising, nelle aule della Scuola Politecnica di Design di Milano.
Invad è una presa di coscienza e una provocazione insieme. Perché la pubblicità è passata dalla persuasione alla pervasione, insinuandosi ovunque per trovare nuovi territori d’ascolto, laddove gli individui – i famigerati target – hanno imparato a svicolare, criticare, boicottare, scegliere, consigliare e relazionarsi in maniera diversa.
I ragazzi, le persone – o peggio, i consumatori e i responsabili d’acquisto - sono sempre meno davanti a uno schermo e sempre più di fronte a un monitor o a un display, usano la rete per connettersi tra loro, per condividere e scambiare esperienze. A volte, un blog o un gruppo di discussione può condizionare un acquisto più di quanto possa fare uno spot o una doppia pagina.
I pubblicitari stanno precipitosamente cercando di intercettare il fenomeno, hanno coniato un nuovo lessico che parla di viral e guerrilla, ed è incredibile come a volte le parole siano testimoni di un disagio: da una parte, la semantica patologica che sintetizza la nuova capacità dell’advertising di propagarsi a livello virale attraverso il passaparola; dall’altra, il vocabolario belligerante chiama guerrilla marketing la battagliera resistenza degli addetti ai lavori per impedire ai target di guardare da un’altra parte.
Quindi, oggi come si può insegnare advertising a giovani studenti che potrebbero diventare i direttori creativi di domani?
I fondamentali valgono sempre, le regole del copywriting e del design per fortuna non cambiano, ma ci sono nuove consapevolezze di cui è obbligatorio tener conto. Passano dalla rete, dalle associazioni di consumatori, dai fenomeni di boicottaggio, dai movimenti nopub e da una convergenza mediatica sempre più diffusa che allontana il pubblico dai canali tradizionali.
Per questo a scuola impariamo a fare advertising usando i registri più attuali, ma con Invad abbiamo rotto gli indugi, fantasticando di profanare gli ultimi spazi ancora vergini. Volutamente dissacranti, visionari e – qualche volta – provocatori.
Immaginando brand che si fanno largo all’interno di improbabili media che l’invasione pubblicitaria dei nostri giorni non ha ancora considerato, forse per pudore.
E siccome il pudore non è nelle nostre corde, abbiamo raccolto tutte le nostre idee dentro un contenitore. Che oggi è questo blog e continuerà a raccogliere stimoli e spunti di chi vorrà cimentarcisi, ma anche denunce e testimonianze di quanti vorranno pubblicare l’ennesima intrusione di un advertising sempre più in difficoltà.
P.I.
Nasce tra gli studenti di un master di advertising, nelle aule della Scuola Politecnica di Design di Milano.
Invad è una presa di coscienza e una provocazione insieme. Perché la pubblicità è passata dalla persuasione alla pervasione, insinuandosi ovunque per trovare nuovi territori d’ascolto, laddove gli individui – i famigerati target – hanno imparato a svicolare, criticare, boicottare, scegliere, consigliare e relazionarsi in maniera diversa.
I ragazzi, le persone – o peggio, i consumatori e i responsabili d’acquisto - sono sempre meno davanti a uno schermo e sempre più di fronte a un monitor o a un display, usano la rete per connettersi tra loro, per condividere e scambiare esperienze. A volte, un blog o un gruppo di discussione può condizionare un acquisto più di quanto possa fare uno spot o una doppia pagina.
I pubblicitari stanno precipitosamente cercando di intercettare il fenomeno, hanno coniato un nuovo lessico che parla di viral e guerrilla, ed è incredibile come a volte le parole siano testimoni di un disagio: da una parte, la semantica patologica che sintetizza la nuova capacità dell’advertising di propagarsi a livello virale attraverso il passaparola; dall’altra, il vocabolario belligerante chiama guerrilla marketing la battagliera resistenza degli addetti ai lavori per impedire ai target di guardare da un’altra parte.
Quindi, oggi come si può insegnare advertising a giovani studenti che potrebbero diventare i direttori creativi di domani?
I fondamentali valgono sempre, le regole del copywriting e del design per fortuna non cambiano, ma ci sono nuove consapevolezze di cui è obbligatorio tener conto. Passano dalla rete, dalle associazioni di consumatori, dai fenomeni di boicottaggio, dai movimenti nopub e da una convergenza mediatica sempre più diffusa che allontana il pubblico dai canali tradizionali.
Per questo a scuola impariamo a fare advertising usando i registri più attuali, ma con Invad abbiamo rotto gli indugi, fantasticando di profanare gli ultimi spazi ancora vergini. Volutamente dissacranti, visionari e – qualche volta – provocatori.
Immaginando brand che si fanno largo all’interno di improbabili media che l’invasione pubblicitaria dei nostri giorni non ha ancora considerato, forse per pudore.
E siccome il pudore non è nelle nostre corde, abbiamo raccolto tutte le nostre idee dentro un contenitore. Che oggi è questo blog e continuerà a raccogliere stimoli e spunti di chi vorrà cimentarcisi, ma anche denunce e testimonianze di quanti vorranno pubblicare l’ennesima intrusione di un advertising sempre più in difficoltà.
P.I.
10 Comments:
mah che dire...ho visto i lavori degli studenti del master..qualcuno è carino ma non ho capito dove stà la creatività??
Voglio dire tutto questo è (o diventerà) realtà di tutti i giorni...o è a un passo da esserlo.Le varie brands stano disperatamente cercando di essere il più Funky possibile per acchiappare i propri polli. Che ci siano spazi pubblici non invasi dalla pubblicità è solo dovuto al vafto che lo stato ancora detiene qualche forma di potere (almeno in Europa)
Sarebbe stato più divertente analizzare come quelli che fanno la guerriglia grafico-communicativa seriamente siano anch'essi con i loro stili alternativi i primi ad essere sfruttati dalle corporation che cercano di comunicare con i potenziali clienti...come l'underground diventi (stranamente) mainstream nel giro di pochissime stagioni....
Italieno
e io non ho capito il commento.
le riflessioni degli studenti sono volutamente una provocazione surreale.
la creatività è nel pensiero di chi si troverà a fare pubblicità ed è capace di un esame di coscienza circa il potere pervasivo dell'advertising di queste ore.
sarebbe stato più divertente fare altro? sei il benvenuto. invad è aperto a tutti coloro che vogliono esprimere una qualche riflessione sulla comunicazione, l'advertising e lo strapotere delle marche verso gli individui (scusa, ma proprio non riesco a vederli come polli).
accomodati.
siamo pronti a leggere anche te.
ciao.
Bah...
complimenti per l'iniziativa,
ma da un progetto studentesco, sperimentale e provocatorio mi aspetterei qualcosa di più.
Tutto questo già c'è!
Dove sta la provocazone?
NO LOGO illustrava e attaccava questi aspetti nello stesso modo e con più forza.
Comunque sia... una nuova generazione di individui ha una comprensione dell'advertising più approfondita degli stessi addetti ai lavori. E non tollererà a lungo l'invasività di alcuni grandi Brand.
Dai più grinta!
Divertitevi!
h.
Cultura o controcultura?
A prescindere dall'iniziativa in se che, siccome stimola l'uso del cervello (degli studenti e di tutti gli altri) mi sembra lodevole, una domanda mi sorge spontanea:
Invad è un prodotto di cultura dominante (o mainstream, come dice italieno) o di controcultura?
In altre parole, lo scopo finale(perché uno scopo finale c'è sempre) è enfatizzare, criticare o soltanto mostrare il potere dell'advertising moderno? O magari non è altro che una palestra e una vetrina per i giovani advertiser di domani che usciranno dal corso?
Se così fosse, non ci sarebbe nulla di male, anzi. Soltanto, mi sembra piuttosto incoerente che (un blog di) studenti di un corso di advertising si facciano in qualsiasi misura paladini del consumatore vessato da "l’ennesima intrusione di un advertising sempre più in difficoltà".
Tanto più che, per rispondere in forma non retorica alla domanda iniziale, i fondamentali e le regole del copywriting e del design non valgono affatto sempre, anzi stanno cambiando e pure in fretta, rendendo obsolete tutte le giurassiche tecniche tradizionali.
L'idea, quindi, è buona, anzi ottima. Ma attenzione a non confonderne il contesto e l'idea di partenza con l'obiettivo: sarebbe come dire, appunto, che il termine guerrilla marketing rappresenta un approccio mentale (delle aziende) anziché metodologico, sebbene mutuato dal gergo militare.
In bocca al lupo.
Aureo Osservatore
caro aureo,
l'iniziativa nasce - come hai giustamente individuato - per dare una qualche visibilità ai giovani studenti che escono dal master di advertising.
e, sinceramente, non trovo così incoerente che i futuri advertiser di domani siano finalmente sensibilizzati sull'invadenza della pubblicità e sul rispetto dovuto ai destinatari dei messaggi.
non significa ergersi a "paladini dei consumatori", bensì fare i conti con un pubblico sempre meno permeabile al mktg tradizionale.
e, per quanto mi riguarda, è proprio il mktg tradizionale che è costretto a ridefinire i propri approcci; la creatività, il design, il copywriting, purtroppo o per fortuna, devono solo adattarsi ai nuovi scenari, perché le regole non sono cambiate.
visto che restano guidate dalla bontà delle idee.
ma è solo un punto di vista.
P. I.
Ciao ragazzi, complimenti alcuni di questi lavori non sono per niente male... pensavo esistessero già, fino a quando non ho visto il papa... comunque non si può mai dire ; )
Sicuramente il fatto che non abbia capito subito che non si trattasse di lavori di fantasia fa pensare che tutta questa provocazione non ci sia, ma non state a farvi troppi problemi: un blog serve a farsi conoscere, mica ad altro, mostrate i vostri lavori migliori e incrociate le dita.
ciao!
Lavori buoni, mi divertono e tanto basta. Complimenti e grazie. Solo una puntualizzazione. Italieno parla chiaramente: quando devi vendere, il cliente è il tuo 'pollo'. Ma non sperare di farla franca o di essere il cattivo di turno: a tua volta sei il pollo di un altro.
Insomma, a parte le ingiustizie, nel mondo c'è giustizia.
Grazie anonimo. Mi sembra il più lucico contrapasso per chi fa questo mestiere. ;-)
Che dire, se non complimenti per l'iniziativa. Oltre ad aver spulciato con curioso interesse alcuni dei lavori svolti (citando quelli che mi hanno più colpita: Guardrail, Adobe, Swatch, etc), ho trovato anche molti spunti di riflessione.
Ho letto i commenti precedenti e quale giovane copywriter - d'età soltanto - mi scappa proprio un commento! Non sono affatto d'accordo con Anonimo quando dice "le regole del copywriting e del design non valgono affatto sempre, anzi stanno cambiando e pure in fretta, rendendo obsolete tutte le giurassiche tecniche tradizionali". Credo molto di più in quelle che Invad risponde "la creatività, il design, il copywriting, purtroppo o per fortuna, devono solo adattarsi ai nuovi scenari, perché le regole non sono cambiate.Visto che restano guidate dalla bontà delle idee". Quindi non parliamo di regole obsolete, tecniche tradizionali e smettiamola di fare gli arcaici intellettualoidi. Sappiamo bene che oggi c'è questo nuovo modo "guerrillero" di far pubblicità, di scrivere, di pensare e le parole o i parolieri, inseriti in questo apporccio o modalità non dimenticano il "come si scrive", semplicemente punzecchiano di nuove sfumature, di nuovi colori, le parole accompagnando con le unghie e con i denti le buone idee.
Ovviamente è solo il mio punto di vista.
ps: Ah scusami Anonimo ma fin dall'inizio ho capito poco del tuo commento. Ma hai mosso le acque quindi questo non può che farti onore.
Grazie Miss per il tuo bellissimo commento. Anch'io la penso così. ;-)
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