29.4.06
28.4.06
26.4.06
Nelle biblioteche pubbliche
La biblioteca pubblica rimane uno dei pochi luoghi le cui pareti bianche e i banchi lustri non sono ancora stati colonizzati da immagini e manifesti che sponsorizzino marchi. L'utente che si raccoglie in un'aula silenziosa per motivi di studio e ricerca è al massimo della concentrazione e sono pochi gli elementi intorno a lui che possano fungere da distrazione. L'advertising sarà in grado di invadere uno degli ultimi baluardi vergini, per imporre anche qui i suoi messaggi?
Caterina Caniglia
20.4.06
Spettacoli della natura
La pubblicità alla ricerca di nuovi territori oltrepassa i confini degli spazi consentiti per arrivare a invadere gli spettacoli
della natura. Dove c’è contemplazione, davanti a un tramonto o sui riverberi di un arcobaleno, a presidiare la pienezza
di un plenilunio con l’irriverente presenza delle sue intrusioni.
Fumi Yamamoto
10.4.06
Cos'è Invad?
Invad è l’ultima frontiera della comunicazione pubblicitaria.
Nasce tra gli studenti di un master di advertising, nelle aule della Scuola Politecnica di Design di Milano.
Invad è una presa di coscienza e una provocazione insieme. Perché la pubblicità è passata dalla persuasione alla pervasione, insinuandosi ovunque per trovare nuovi territori d’ascolto, laddove gli individui – i famigerati target – hanno imparato a svicolare, criticare, boicottare, scegliere, consigliare e relazionarsi in maniera diversa.
I ragazzi, le persone – o peggio, i consumatori e i responsabili d’acquisto - sono sempre meno davanti a uno schermo e sempre più di fronte a un monitor o a un display, usano la rete per connettersi tra loro, per condividere e scambiare esperienze. A volte, un blog o un gruppo di discussione può condizionare un acquisto più di quanto possa fare uno spot o una doppia pagina.
I pubblicitari stanno precipitosamente cercando di intercettare il fenomeno, hanno coniato un nuovo lessico che parla di viral e guerrilla, ed è incredibile come a volte le parole siano testimoni di un disagio: da una parte, la semantica patologica che sintetizza la nuova capacità dell’advertising di propagarsi a livello virale attraverso il passaparola; dall’altra, il vocabolario belligerante chiama guerrilla marketing la battagliera resistenza degli addetti ai lavori per impedire ai target di guardare da un’altra parte.
Quindi, oggi come si può insegnare advertising a giovani studenti che potrebbero diventare i direttori creativi di domani?
I fondamentali valgono sempre, le regole del copywriting e del design per fortuna non cambiano, ma ci sono nuove consapevolezze di cui è obbligatorio tener conto. Passano dalla rete, dalle associazioni di consumatori, dai fenomeni di boicottaggio, dai movimenti nopub e da una convergenza mediatica sempre più diffusa che allontana il pubblico dai canali tradizionali.
Per questo a scuola impariamo a fare advertising usando i registri più attuali, ma con Invad abbiamo rotto gli indugi, fantasticando di profanare gli ultimi spazi ancora vergini. Volutamente dissacranti, visionari e – qualche volta – provocatori.
Immaginando brand che si fanno largo all’interno di improbabili media che l’invasione pubblicitaria dei nostri giorni non ha ancora considerato, forse per pudore.
E siccome il pudore non è nelle nostre corde, abbiamo raccolto tutte le nostre idee dentro un contenitore. Che oggi è questo blog e continuerà a raccogliere stimoli e spunti di chi vorrà cimentarcisi, ma anche denunce e testimonianze di quanti vorranno pubblicare l’ennesima intrusione di un advertising sempre più in difficoltà.
P.I.
Nasce tra gli studenti di un master di advertising, nelle aule della Scuola Politecnica di Design di Milano.
Invad è una presa di coscienza e una provocazione insieme. Perché la pubblicità è passata dalla persuasione alla pervasione, insinuandosi ovunque per trovare nuovi territori d’ascolto, laddove gli individui – i famigerati target – hanno imparato a svicolare, criticare, boicottare, scegliere, consigliare e relazionarsi in maniera diversa.
I ragazzi, le persone – o peggio, i consumatori e i responsabili d’acquisto - sono sempre meno davanti a uno schermo e sempre più di fronte a un monitor o a un display, usano la rete per connettersi tra loro, per condividere e scambiare esperienze. A volte, un blog o un gruppo di discussione può condizionare un acquisto più di quanto possa fare uno spot o una doppia pagina.
I pubblicitari stanno precipitosamente cercando di intercettare il fenomeno, hanno coniato un nuovo lessico che parla di viral e guerrilla, ed è incredibile come a volte le parole siano testimoni di un disagio: da una parte, la semantica patologica che sintetizza la nuova capacità dell’advertising di propagarsi a livello virale attraverso il passaparola; dall’altra, il vocabolario belligerante chiama guerrilla marketing la battagliera resistenza degli addetti ai lavori per impedire ai target di guardare da un’altra parte.
Quindi, oggi come si può insegnare advertising a giovani studenti che potrebbero diventare i direttori creativi di domani?
I fondamentali valgono sempre, le regole del copywriting e del design per fortuna non cambiano, ma ci sono nuove consapevolezze di cui è obbligatorio tener conto. Passano dalla rete, dalle associazioni di consumatori, dai fenomeni di boicottaggio, dai movimenti nopub e da una convergenza mediatica sempre più diffusa che allontana il pubblico dai canali tradizionali.
Per questo a scuola impariamo a fare advertising usando i registri più attuali, ma con Invad abbiamo rotto gli indugi, fantasticando di profanare gli ultimi spazi ancora vergini. Volutamente dissacranti, visionari e – qualche volta – provocatori.
Immaginando brand che si fanno largo all’interno di improbabili media che l’invasione pubblicitaria dei nostri giorni non ha ancora considerato, forse per pudore.
E siccome il pudore non è nelle nostre corde, abbiamo raccolto tutte le nostre idee dentro un contenitore. Che oggi è questo blog e continuerà a raccogliere stimoli e spunti di chi vorrà cimentarcisi, ma anche denunce e testimonianze di quanti vorranno pubblicare l’ennesima intrusione di un advertising sempre più in difficoltà.
P.I.